Avevo quattro o cinque anni quando, uscendo di casa con la famiglia per andare a cena fuori con degli amici, alzai gli occhi al cielo per la prima volta in una fredda sera d’inverno. Ricordo ancora come fosse oggi quel momento, è incredibile come le sensazioni e le emozioni legate ad una visione improvvisa e spettacolare si cristallizzino per sempre nell’animo di un bambino: sopra di me si stendeva un cielo assolutamente nero in cui brillavano un’infinità di stelle di ogni luminosità, come una trapunta sbrilluccicante che ricopriva il letto della Terra. Rimasi a bocca aperta, folgorato da quella visione, perso fra tutti quei puntini luminosi che circondavano una striscia lattiginosa che poi avrei imparato a riconoscere come la Via Lattea, la nostra galassia vista dal punto in cui il nostro pianeta si trova immerso al suo interno. Non sapevo ancora niente di stelle e costellazioni, vedevo solo migliaia di lucine che mi guardavano e io guardavo loro senza riuscire a decidermi in quale direzione spingere lo sguardo per vederne di più, tante ce n’erano nel cielo. Fu quello il mio “imprinting”, tant’è che già in prima elementare la mia maestra (a quel tempo ne avevamo una sola che sapeva tutto) sapeva che “da grande” avrei fatto l’astronomo. La strada era tracciata e mai nessun dubbio si è presentato da quel giorno fino alla laurea con lode in Astronomia all’Università di Padova.

Le luci delle città riflesse sulla copertura nuvolosa

Ma eravamo nel 1972 e in un paesello di una manciata di case in Umbria, a una decina di chilometri da Spoleto (PG), quando ancora non c’erano neanche i lampioni a illuminare la strada sterrata che risaliva la collina. Un luogo privilegiato per vedere le stelle e ancora oggi abbastanza buio da riuscire a vederne molte, sebbene non come allora. I tempi cambiano e il progresso avanza sempre, ma intanto perdiamo quello che avevamo e che la Natura ci offre: le città si espandono e mangiano terreno coltivabile, le piste da sci e gli impianti di risalita aumentano e mangiano boschi di montagna, la produzione industriale, gli allevamenti intensivi di animali, il traffico veicolare e i rifiuti si intensificano con la conseguenza che fiumi, laghi, mari, terreno e aria sono ridotti a depositi di plastiche e sostanze tossiche. Nell’atmosfera vengono immessi milioni di tonnellate di anidride carbonica che innalzano la temperatura media del pianeta generando fenomeni climatici sempre più violenti e devastanti, riscaldando gli oceani, vero termostato del pianeta, acidificandone l’acqua e distruggendo le barriere coralline che sono un grande serbatoio per immagazzinare anidride carbonica, al pari delle foreste come quella amazzonica, sempre più decimata per fare spazio a coltivazioni, allevamenti e sfruttamento di legni pregiati. Il tutto mentre la popolazione del pianeta aumenta inesorabilmente fino ai 10 miliardi previsti fra soli trenta anni. Di pari passo aumenta l’illuminazione pubblica e privata, soprattutto in Italia, sebbene la popolazione italiana sia stabile o in decrescita. I problemi sono tanti e ce ne sono di più ben gravi e prioritari, su questo la pandemia in corso è stata ben chiara, ma è ben chiaro anche il messaggio che dobbiamo imparare relativo ai mutamenti ambientali causati dall’uomo che hanno agevolato la zoonosi, ovvero il salto di specie fra animali e esseri umani di cui il virus Sars-Cvo-2 è solo l’esempio più recente. Ma se per ogni problema ci si limita a dire che ce ne sono di più grandi e più importanti alla fine ogni problema rimane irrisolto. Ognuno si batte per ciò che gli sta a cuore, a me sta a cuore l’ambiente naturale e il cielo stellato, che della Natura fa parte, e il problema che oggi ci impedisce di vedere il cielo stellato e che toglie a milioni di bambini la possibilità di provare questa emozione ha un nome: inquinamento luminoso, una forma di inquinamento umano consistente nell’alterazione della qualità della luce naturale presente nell’ambiente notturno a causa delle luci artificiali. Avete mai visto la Via Lattea in una notte serena uscendo di casa? Sì? Allora siete fra i pochi fortunati che abitano lontano da fonti luminose artificiali e possono ancora godere del cielo stellato! Ormai è un privilegio, visto che il cielo non è più buio, di certo non dalle città o località limitrofe, ma è grigio e giallastro a causa dell’inquinamento luminoso. Quando si immette luce di notte nell’ambiente esterno, al di fuori degli spazi che è necessario illuminare, si altera la quantità naturale di luce presente e si produce inquinamento luminoso, ovvero un inquinamento della luce naturale prodotto dalla luce artificiale. È fonte di inquinamento luminoso la luce che una lampada o un faro di illuminazione o un lampione disperdono al di fuori della zona che dovrebbero illuminare. Le stesse superfici illuminate producono inquinamento luminoso riflettendo o diffondendo nell’ambiente la luce che giunge loro. Ormai alzando gli occhi al cielo da una località che non sia in qualche zona isolata di montagna o dell’entroterra del centro Italia è ben difficile riuscire ad osservare più di 50 o al massimo 100 stelle, in città si arriva a malapena a vedere quelle più luminose come Sirius, Arcturus, Deneb, Vega, Procion, Capella o Aldebaran, mentre vedere la Via Lattea è un sogno per molte persone che non l’hanno nemmeno mai vista. Il tutto a causa dell’illuminazione pubblica e stradale in primis e dell’illuminazione di case, edifici, fabbriche, capannoni, parcheggi, stadi, centri sportivi e via dicendo, dunque a causa delle nostre scelte di vita e della nostra ricerca del benessere e della “sicurezza”.

Via Lattea montagna
La Via Lattea fotografatada una zona di montagna, l’inquinamento luminoso prodotto dai paesi della retrostante valle è comunque visibile come un chiaro bagliore diffuso

Perdere la bellezza del cielo stellato, così come la salute dell’ambiente naturale da cui la nostra stessa vita dipende, è un prezzo giusto da pagare per il progresso umano e la comodità?
La magia e l’incanto di un cielo stellato sono definitivamente scomparsi da moltissimi luoghi del pianeta e il 60% della popolazione mondiale non riesce più a vedere la Via Lattea. Di questo passo, entro pochi anni, non ci sarà più un solo posto in tutta la Terra (che non sia un deserto o un oceano) da cui poter godere di questo evocativo spettacolo che fin dalla notte dei tempi ha incantato e ispirato adulti e bambini toccando le più profonde e sensibili corde dell’animo umano. Siamo arrivati al punto di non ritorno, quello che fino a ieri era un patrimonio dell’umanità, visibile da chiunque desiderasse alzare lo sguardo al cielo, è ora disponibile solo sul nostro smartphone, in una versione virtuale che è solo un’immagine che non potrà mai destare le sensazioni e le emozioni che si possono vivere sotto un cielo stellato, che si tratti di bambini, adulti o ragazzi innamorati abbracciati in un prato. Il problema dell’inquinamento luminoso non riguarda solo gli astronomi o gli astrofili, ma ci riguarda tutti, perché quello che stiamo barattando è qualcosa di molto più importante e significativo di quello che potrebbe apparire, è una cosa che ci ha plasmato sia dal punto di vista biologico che culturale. Un po’ alla volta ci siamo auto rubati la bellezza della visione del cielo stellato, anno dopo anno, senza quasi accorgercene; giorno dopo giorno le nostre luci stanno inesorabilmente spegnendo sempre più stelle e con esse anche la consapevolezza di essere solo ospiti momentanei su questa meraviglioso granello azzurro sospeso nello spazio, quel “pallido puntino blu” di cui ci parlava l’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan che nel 1990 ebbe l’idea di far girare la sonda Voyager 1 per fotografare la Terra dalla distanza di sei miliardi di chilometri, ben oltre l’orbita di Nettuno. Un “pallido puntino blu che è la nostra casa ed è tutto ciò che abbiamo”. Ognuno può fare la sua parte per contrastare l’inquinamento luminoso e ri-uscire a “riveder le stelle”, come scrisse Dante alla fine del canto dell’Inferno nella sua Divina Commedia. Basta fare le scelte corrette e giuste come singoli cittadini per illuminare la propria casa o giardino, come imprenditori per illuminare la propria azienda o capannone industriale sostituendo i fari sul terreno che puntano verso l’alto con delle luci sulle pareti che puntino verso il basso o il negoziante scegliendo un’insegna luminosa più modesta e che non illumini tutto intorno per decine di metri; e così le amministrazioni comunali per illuminare i parcheggi, i parchi pubblici, gli edifici, i monumenti, le chiese e le strade e rispettare le attuali leggi regionali anti inquinamento luminoso. Come ha scritto l’amico astrofilo Dario Orizio “I cieli sono perduti, anche in una notte senza Luna si può passeggiare senza luce, perché nelle campagne bresciane non esiste più la notte! Ci sono due tipi di luce, la luce che illumina e il bagliore che oscura.” Non lasciamoci oscurare l’animo anche dalla scomparsa della poesia e della meraviglia che un cielo stellato può destare, facciamo in modo di tornare bambini col naso all’insù e gli occhi sgranati e pieni di stupore nel vedere migliaia di stelle, non priviamo i nostri figli di questa emozione ma regaliamogli la possibilità di esprimere un desiderio alla vista di una “stella cadente” e di sognare la loro vita guardando le stelle…

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(Testo e foto di Roberto Ciri)